
Uomini
sotto il Sole

Racconto epico per
voce recitante
con Benedetta Laurà
libero adattamento teatrale
dall'omonimo romanzo
di Ghassan Kanafani su traduzione
di Isabella D'Acquisto
mise en space e adattamento: Mattia Sebastiano Giorgetti
musiche tradizionali
e originali eseguite dal vivo:
Rhapsodia Trio
con alcuni brani inediti di G.P. Marazza
Una
produzione Centro Attori La Contemporanea
Quattordici milioni
sono i profughi nel mondo... un milione di essi ogni anno mette la propria
vita nelle mani dei contrabbandieri di vite umane... tre uomini, un anziano,
un giovane e un ragazzo sono in cerca di un futuro migliore...
Sono emigrati, dannati della terra,
profughi di uno stato che racchiude il nodo delle contraddizioni della
politica, della storia di oggi.
La Palestina.
Introduzione
di V. Consolo a Uomini sotto il sole
di Ghassan Kanafani:
Se quelli appena trascorsi sono stati
tempi di Siberie, di campi di lavoro, di mondi concentrazionari,
di luoghi vale a dire in cui l’umanità, per tre quarti, è stata tenuta,
da totalitarismi, da occupazioni, da colonialismi, prigioniera, incatenata
all’infelicità e le Siberie hanno fatto si che il restante quarto dell'umanità,
al di qua di mura o di fili spinati, vivesse felicemente, nella spensierata
festa dei consumi, e persino si alienasse,
i tempi in cui viviamo – dissoltesi idolatrie e utopie, crollate le mura
e recisi i fili – sono quelli delle fughe, degli esodi, da paesi di mala
sorte e mala storia, verso luoghi di speranza, verso terre, se non promesse,
ardentemente vagheggiate.
Stiamo parlando, si capisce, delle attuali
migrazioni di genti da patrie concultate, da territori occupati, da campi
profughi, da favelas, dal Terzo e Quarto mondo o da Paesi ex socialisti,
in questa nostra Europa occidentale, nell’America del nord e in mediorientali
isole del benessere.
Di questi esodi massicci e incessanti
le cronache ogni giorno ci consegnano tragici episodi di clandestini soggocati
dentro stive di navi; d'altri scoperti, gettati in pasto ai pescecani;
di bambini assiderati nei passaggi notturni per valichi montani; di naufraghi
stremati...(...) di clandestini che vengono trasportati nascosti in vagoni,
in autocisterne, sotto l'implacabile sole dell'estate, per una sierra
o un deserto.
I tre personaggi principali del racconto
di Ghassan Kanafani,
il maturo Abu Qais, il giovane Asad e il ragazzo Manwàn, che moriranno
asfissiati dentro l’autocisterna nel tentativo di entrare clandestini
nel ricco Kuwait, sono degli emigrati, dei dannati della terra,
dei profughi di uno Stato, la Palestina, che racchiude, nella sua tragedia
annosa e mai risolta, il nodo degli errori, delle contraddizioni della
politica, della storia di oggi. I due blocchi del racconto sembrano simboleggiare
i due forti sentimenti entro cui si muovono i personaggi: la pena e la
speranza.
Pena per l’abbandono della patria; speranza
per il luogo che desiderano raggiungere. La speranza – sapremo – bruciata
nel ventre rovente d’una metallica cisterna. La pena per l’abbandono della
patria è il sentimento, se possibile, più straziante.
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